Al culmine della parabola iperbolica (licenza poetica probabilmente priva di senso, ma il gioco di parole val bene eventuali critiche), tremo all’idea della linea discendente.
Con quale velocità scenderò?
Mi farò male?
Ah bè: mai come rimanere sospesa nell’altissimo e vertiginoso vuoto, con il culmine impiantato nel mio lato B, a farmi sbeffeggiare da raffiche di ventosa irritazione e da indegne folate di disarmonici perimetri con il nulla dentro.
(niente droghe: alterazioni naturali).
Il segnale è lapalissiano: ora si scende.
E magari scoprirò che la discesa è semplicemente una risalita vista al contrario.
Come sempre, questione di punti di vista.