Tutte le parole che non ho detto
tutti gli abbracci che non ho dato
tutto quello che non ho osato.
Era tutto leggero, nel mondo delle legittime possibilità.
Ora è pietra che mi zavorra
E’ polvere che mi spegne
Ora è quella cosa vacua, cupa e terrificante
chiamata Tempo Perso.
Il perdono che non mi concedo è la mia vera sofferenza.
Ho un’ottima opportunità per allenare
volontà, disciplina e fermezza.
Facendo cose per me difficili:
togliere il cibo, razionare l’acqua
dimezzare il tempo, restringere lo spazio.
Coltivare il vuoto,
dilatarlo con il silenzio.
Ingrandire cenni di assenza
in un perverso gioco di falsa libertà.
Mica per strategia. (Strategia per cosa?
Per conquistare un alieno?)
Giusto per riprendermi uno scampolo di dignità.
E riportare le cose al giusto livello.
Avrei preferito farlo alla mia maniera:
con coerenza, chiarezza e sincerità.
Con la voce, con le mani, con lo sguardo terso.
Ma se ci piacciono questi modi di superficie
facciamo pure finta di niente.
Intanto imparo qualcosa.
Far del teatro può avere il suo perché.