La mareggiata

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Una, due, tre e a volte quattro strisce bianche e spumeggianti.
L’acqua nel tumulto si polverizza e crea una specie di foschia.
L’aria alla luce dei lampioni è lattiginosa ed è satura di salmastro.
Viene voglia di chiudere gli occhi e respirare a pieni polmoni.

Il mare fa rumore.
Un rumore continuo, rabbioso e sommesso allo stesso tempo, scandito da un ritmo regolare
ed ipnotico. Ogni tanto, lo schiaffo di un’onda che si arriccia e spancia su se stessa
qualche metro prima della riva.
Mi affascina. E l’umidità dell’aria procura piacere anziché fastidio.
Qualcosa di primitivo sembra nutrirmi i sensi ed appagare qualcosa di più profondo che non so definire.

La notte rende tutto ancora più sublime e consente all’Ombra di intersecare , con i suoi flutti, le trame di una veglia che sembra sempre più flebile.
Nulla di oscuro, in realtà.
Qualcosa di molto naturale e quindi assolutamente neutro.
Il mare agitato. Un piacere che può uccidere.
Nessuna negazione, ma la completezza di una vita totalmente accettata.
Una specie di utopia una volta ricacciati sulla superficie del quotidiano e del moto convenzionale delle nostre vite.

Starei ore ad immergermi in questa trance, semplice e primordiale.
Parrebbe una specie di perdita di coscienza se non fosse che sento dentro un’acuta ed ineludibile certezza di essere.

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