Cose che voglio fare

Voglio risalire il Borbera tra Persi e Pertuso: 4 km sul letto del torrente, in una gola scavata nei conglomerati di Savignone e ornata da boschi che, da lontano, sembrano manti di soffice verde moquette. Lo zio dice che ci sono pozze d’acqua profonde e verdissime e che si guada il corso d’acqua qualcosa come 59 volte.
Scarpette di gomma, costume e via.
Da fare a Luglio e in caso di Agosto caldissimo: l’acqua è ghiacciata.

Un seminario di danza Butoh di cui ho letto e di cui in realtà non so nulla.
Dal poco che ne so (il corso lo tiene una mia amica) deve essere qualcosa assolutamente nelle mie corde, nonostante io e la coreografia siamo affini come lo può essere un artista di strada rispetto ad un manager della City. Pare un esercizio di presenza assoluta nel corpo che si muove, striscia, si erge e si abbandona come una pianta che segue la luce, come un neonato che esplora lo spazio, come una radice che si propaga in armonia con la forma e la consistenza della terra che la ospita.
Magari non è vero niente ed è tutt’altra cosa. Ma queste suggestioni che in qualche modo ho deciso di avere sono sufficienti a farmi venire voglia di sperimentare.

Iniziare una meditazione, ad occhi chiusi, sulle note di Felbomlasztott Mentökocsi, creare immagini di grandi alberi e cattedrali e cieli scuri che si rischiarano e piccoli insetti che restano immobili ad ascoltare la loro breve ed intensa vita, per poi scendere nel silenzio che va oltre il ritmato fruscio del respiro. E poi aprire gli occhi, nuova di zecca, ascoltando il fresco sulla fronte e la forte presenza delle mie mani.

Voglio andare a visitare un grande museo d’arte e, una volta uscita, sedermi in un caffè e guardare cose e persone a caso, per sperimentare il contrasto delle immagini, lo shock dell’essere entrata e poi uscita da un mondo nel mondo e capire ancora meglio che decido io dove mi trovo e come mi ci trovo. Conoscere la soglia dei miei corpi e cogliere il senso della vera libertà di movimento.

Voglio farmi fare un massaggio ogni due settimane almeno.

Voglio fare miliardi di fotografie e affinare l’abilità di cogliere l’essenza di luoghi, cose e persone. Se potrò permettermelo, magari anche un buon corso di fotografia per arricchire la strumentazione percettiva, evitare il barocco (laddove non sia protagonista) e velocizzare la resa delle mie intenzioni.

Voglio muovermi di più, mangiare meglio, dormire di più e latitare dalla testa e sentirmi fortemente nella carne.

Per ora non mi viene in mente altro.
Intanto, buon ferragosto.

Legittime aspirazioni

Per un momento, sognando di arte, danza, natura, letteratura, poesia, musica, viaggi e contemplazioni ho sentito che tutto quel dire: quello è svago, le cose serie sono altre è una falsità inaudita. Abbiamo preso per buone le regole di un’organizzazione globale che ci schiavizza.
Come? Lo avete già letto ovunque questo concetto? L’ho sentito dire da Salvatore Brizzi? È la bandiera degli sfaccendati post New Age?
Ok. Ma stavolta l’ho sentito io. Proprio sulla pelle, nella carne, nelle ossa.

Ci riempiamo di cose da fare, obbiettivi da raggiungere, ambizioni e speculazioni per ingrassare un sistema che – indispensabili servizi sociali a parte – ci munge e ci ingabbia. Ci riempiamo di situazioni condizionanti per non sentire il vuoto, perché siamo poveri. Poveri di spirito e di umanità. Perché di fronte ad un cielo azzurro dopo cinque minuti di silenzioso nulla (che poi è tutto) andiamo in paranoia e ci scappano di mano tutte quelle belle maniglie a cui ci hanno attaccato fin da piccoli.
Se le molli sei uno strano. Se le molli muori. E se muori nelle tue maschere diventi un uomo senza volto. E l’uomo senza volto, col cuore acceso, fa paura. Lo si isola, lo si combatte, lo si estromette dal sistema.
Ma la vita è un’altra cosa! La vita è l’Essere e l’esprimersi e fluttuare nella materia modificandola al nostro passaggio attraverso il proprio e peculiare contributo. Che pur non producendo denaro (nella maggior parte dei casi), aggiunge Valore. 
(04.08.2012, continuerò)

Detto questo, che è un ammasso di speculazioni generiche sull’argomento – di cui non posso certo farmi da portavoce – vi parlo di una fiamma su cui ardono miei caotici pensieri, le mie incerte speranze e, soprattutto, una confusione epica come una nube di pulviscolo che si incendia, si, ma che non produce altro che uno scoppiettante nugolo di scintille.
Quando esploderà il Fuoco? Quando partirà il falò? Quando si farà strada la corrente vera che come ossigeno puro farà appiccare l’incendio?
È un problema di mancato silenzio.
Per anni immersa in troppo rumore. Mai mi sono seduta in silenzio lasciando che il Cuore emergesse con la propria delicatezza.
Oggi come oggi mi sono necessari più impegno e più tempo e, soprattutto, una fortissima motivazione. Prima che tutti i falsi segnali lascino la mia persona, come strati di cipolla, come faglie sovrapposte, ce ne vuole. In fondo 25 anni di accumulo non sono un po’ di polvere sul tavolo del soggiorno. E non è una passeggiata riappropriarsi di redini miseramente cedute in sgrinfie altrui.
Mi muovo con passi incerti su una tensione che in realtà è esistenziale ma che trova una sua controparte concreta in un aspetto della vita che non è solo dannatamente importante, ma, ad un certo punto, diviene fondamentale e coincide con buona parte del Perché ci siamo e perché ci siamo così.

E capisco anche che dai miei doppifondi inconsci parte l’alt. 
E che resisto al liberarmi del tutto perché Mi temo.
Buona giornata gatti.