Mi sono seduta sulla panchina che ho fuori sulla terrazza, come di consueto, in un attimo di pausa, mentre il riso cuoce, mentre i gatti annusano per l’ennesima volta ogni angolo.
C’è stato l’imbianchino. Nuovi odori. Nuove disposizioni.
Spostamenti, particelle estranee. Un’aria diversa.
Mi gironzola intorno una vespa. Ce ne sono sempre state quassù.
Non me ne curo. Non ho paura. Basta lasciarle fare. Curiosano un po’ e poi se ne vanno.
Invece questa si ferma a mezz’aria per un po’, immobile tra le sue ali vibranti e mi guarda. Ad altezza volto, mi fissa. Come sospesa in un attimo che intercorre soltanto tra me e lei.
Lo fa per un tempo cha a me pare lunghissimo.
L’imbianchino ieri, tutto fiero, mi ha detto di aver distrutto ed eliminato un favo di vespe.
Lo sguardo che posso intuire di questo piccolo insetto è uno sguardo di rimprovero. Come se si fosse fermata a chiedermi: “perchè?”.
In nome della paura si uccidono molte cose.
Inutilmente.