L’impiegata

Mi piace scrivere. Mi piace scrivere a mano, soprattutto.
Se fossi nell’antico Egitto potrei benissimo fare lo scriba.
Ma siccome non siamo nell’antico Egitto, posso solo fare l’impiegata.
La mia missione è fare l’impiegata che trascrive fedelmente e verbalizza, materializza idee, indicazioni e concetti di altri.
Sono la zappa delle superiori volontà, il braccio armato delle menti altrui, il meccanismo fedele e perfettamente funzionante che fa da ponte tra l’intelletto
e la materia.
Sulla scia del realismo di cui ho parlato ieri, direi che il mio lavoro è già
quello giusto. 
Inutile fantasticare chissà cosa.
Scrivere, trascrivere, fare  disegnini (mentre sono al telefono a spiegare le solite procedure, o a risolvere ingarbugli burocratici), fare tabelle, dividere carte, fare fotocopie, pinzare fogli, scrivere titoli in stampatello con la mia bella grafia
è quello che so fare meglio. E lo sto già facendo.
Mica scherzo.
Cosa vado cercando?
Soprattutto, perché mi sono messa in testa altro?
Qual’è la vera me?
Per fare il salto di qualità e superare una certa struttura genetica radicata fin nel midollo da qualche secolo, bisogna averci molta forza o essere unti dal Signore.
Poi, basta guardare i fatti.
“Avere quello che vuoi, volere quello che hai”.
Buona la seconda.

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