Stamattina mentre scrivevo copiosamente le mie memorie è emersa un’idea rivoluzionaria. Non nuova, devo dire (nel senso che ci ho già pensato altre volte, quando mi sono trovata in simili circostanze).
Ma rivoluzionaria. In quanto la sua applicazione andrebbe contro tutto il complesso di principi che seguo da anni. Invertirebbe, per lo meno apparentemente, quel processo che potremmo definire “di spiritualizzazione” di questo mio onesto ma faticoso procedere.
Evolutivamente parlando potrebbe essere comunque funzionale, nel senso che ogni esperienza è, per definizione, un atto evolutivo.
Ma ad un’occhiata di superficie potrebbe apparire un insulto al volemosebene di questi anni infarciti di fughe in paradisi spiritualiformi spesso illusori. Questi anni sempre di più spesi in forme di socialità in cui emergono angeli in ogni dove, antiche anime in viaggio, abbracci di luce, tentati amori incondizionati e qualunque altra realtà ricoperta dalla rosea lente della moda di quella che non mi pento di definire come una ego-spiritualità. Non è sempre e per tutti così, ma dalla realtà delle cose e dei fatti non posso non pensare che su cento persone solo una o al massimo due fanno vera ricerca. Tutti gli altri (me compresa, scopro) cercano solo di sedare i propri bisogni in modo un po’ più raffinato rispetto al resto della ‘gente’.
Voglio dire, perché non tornare a mettere davvero le mani nella terra (la bistrattata materia, intendo. La cattivona in antitesi con il sacro spirito) e annullare la mediazione della psiche fregandosene del potere di adesso e di domani e accettare il fatto che accade quello che accade quando vuole accadere?
Credo sia da rivalutare anche la saggia reattività di un istinto che quantomeno non t’ammazza. Senza diventare delle bestie, non dico questo.
In tutto questo, e proprio ora, apprezzo le parole dell’unico maestro di vita che in questo momento tollero. Parole che un giorno mi apparivano incomprensibili, quasi blasfeme per me, la ragazza alla sacra ricerca del perché delle cose.
Parole che recitano così: “Io insegno che quando piove i marciapiedi si bagnano” (G. I. Gurdjieff)
(“E – aggiunge la mia collega – stai attenta a non scivolare”.)