Amo fare le liste.
La lista per la valigia, quando parto per una vacanza.
La lista delle cose da non dimenticare, quando vado via anche solo per due giorni.
La lista della spesa.
La lista delle cose da fare per il giorno dopo.
La lista delle cose che vorrei a breve.
La lista delle cose che vorrei.
In questo ultimo periodo, la lista che mi riesce meglio e che si compila da sola nella mia testa senza che io ne sancisca volontariamente l’inizio, è quella dei fastidi.
Le cose che mi danno fastidio.
Le molte cose che mi danno fastidio.
Le molte cose che mi danno tanto fastidio.
L’elenco sorge da sé. Come un serpentone di pezza che si anima autonomamente sotto il mio sguardo perplesso. Un oggetto bislungo che cresce ed ondeggia e ad ogni svolta d’angolo si riveste d’argento. E che a poco a poco si leviga e si lucida a tal punto da trasformarsi in un specchio sinuoso, di quegli specchi deformanti da baracconi, quelli in cui mi rifletto scorgendomi nelle mie più profonde e talvolta palesi storture.
Mi da fastidio quel tizio che tutte le mattine si mette al centro delle porte del treno per scendere per primo. Ma mi da fastidio perché occupa quella posizione prima di me.
Mi da fastidio il suo zainetto con il perfetto kit da piccolo pendolare in evidenza. Tipo l’ombrellino supercompatto nella tasca laterale che a stento aderisce alla sacca da quanto è piena di roba. Cosa avrà mai da portarsi per trascorrere una giornata in ufficio? Tutto quello che mi porto io, poi penso. Solo che il mio ombrellino è più ingombrante e la mia borsa più gonfia ancora della sua.
Mi da fastidio quello che lancia il mozzicone di sigaretta in mezzo ai binari.
Ma io faccio peggio: lo lascio cadere facendo finta di niente tra il convoglio e la banchina, appena prima di salire sul minaccioso predellino.
E nel farlo, contestualmente mi vergogno.
Mi da fastidio la collega che è di pessimo umore e saluta a stento. E lo noto mentre penso che non vorrei anima viva nel raggio di 300 metri per almeno un paio d’ore.
Mi da fastidio quella che non si allontana dalla scrivania senza portare con se il cellulare. Mentre spesso io me lo porto anche in bagno.
Mi da fastidio tutto questo gran parlare di spiritualità e di modi alternativi e di downshifting e di fiori di Bach e psicologia della ricchezza e di intelligenza emozionale e di qui-e-ora e di magia e di natura e di filosofia e di crescita personale. E io a casa non ho un libro di argomento diverso da questi tranne il Ricettario Carli e un paio di antichi messali.
Mi da fastidio la signora vestita come una ventenne rampante e mente lo penso mi tiro giù la maglietta smilza nel tentativo di occultare il rotolino che strasborda dai jeans a vita bassa.
Da quando mi hanno messo in testa questa cosa dello “specchio” ho scoperto cose di me che nemmeno il mio peggior nemico.
Tutto (o quasi?) quello che vedo, per come lo vedo, è creato dalla radianza delle mie forme. I miei spigoli, le mie distese, le mie curve, le mie deviazioni.
Il mondo intero è dentro di me.
E ciò mi fa particolarmente piacere se sto semisdraiata in spiaggia con i piedi all’aria, con una mano sulla pancia e nell’altra mano un pezzo di focaccia.
Con tutte le meraviglie di cui mi accorgo quasi quotidianamente, non sono poi così male, no?
Dite “no”.
eh no, quella delle liste, the original, sono io !!!!
aaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
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Lo so Cili, sono la tua specialità. Ma credimi, io non sono da meno.
Liste su carta, liste su dispositivi elettronici, liste nella testa (e, a volte, poca voglia di spuntarle tutte),
CIAO CILINDRY
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Touché e per dirla senza censura alcuna ” a noi ci piace “
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Lupis, abbiamo tutti problemi con gli Specchi. Che Crimilde ci fa un baffo.
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