Dove sei?

Sono questi i momenti (peraltro rari, devo dire) in cui mi manca un riferimento protettivo, consolatorio, comprensivo.
Mi manca l’unica persona della mia famiglia che aveva le palle.
Io non le ho a sufficienza.
Mi difendo con l’unica arma che possiedo: impegnarmi il più possibile ad essere vera, essere quella che sono senza appesantirmi di maschere, deviazioni e falsità di comodo. Per lo meno ci provo.
Ma i risultati non maturano per forza di cose in un ambito roseo e armonioso: diventa inevitabile una frattura che separa un mondo dall’altro.
Se per (far finta di) vivere in armonia devo far finta di essere quella che non sono, allora non ci sto. Non riuscirei nemmeno volendolo ormai.
Ho a che fare con gente che non sa quanto siano importanti le parole e le eventuali ferite che ne derivano.
Con gente che non sa quando è devastante il giudizio, quanto corrosiva la critica.
Prima di tutto per chi le fa.
Aspetterò. E sono già triste per il disastro che ne deriverà.
Un disastro dal possibile duplice aspetto: la morte di chi sceglierà di restare addormentato (ma l’incoscienza ne risparmierà la sofferenza) o il dolore del suo eventuale quanto improbabile risveglio.
Voglio dire, mica mi sono fatta il culo per niente.
Ma sono responsabile solo per me stessa.
Momenti duri.
E quindi ti vorrei qui. Ieri mi è anche scappata una richiesta, disturbandoti per “cose del mondo”. Che non ti appartengono più.
A pensarci però, sono felice che tu non ci sia in simili frangenti.
Ti dispiacerebbe da morire.
Ok niente. Buon percorso, come sempre.

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