Al posto dei sogni una visione lucida e pacata.
Un fiume largo, profondo, possente scorre.
Ne osservo la superficie mentre respiro piano.
La crepa interna si allarga e l’idea di riunire le due parti
mi pare sempre più un’utopia.
Se penso all’acqua capisco come andrà a finire.
E’ necessaria una finissima frantumazione, una polverizzazione.
Una riduzione in flusso.
I cocci riaccostati non faranno mai un intero.
C’è sempre una scheggia mancante, si sa.
Mi piace che nella vita c’è sempre un modo per uscire dal pantano.
E precisamente, non stagnare è muoversi.
Non dico che non faccia male, anzi.
Prendete un martello e sminuzzatevi finemente.
Idealmente, rendere al solido le peculiarità del liquido.
Insomma non è un affare da poco.
Destrutturarsi e reinventarsi.
Non replicare.
In ogni caso non fissarsi più in alcuna forma (illusoriamente) definitiva.
A volte mi chiedo chi me lo fa fare.
Poi ridivento seria e ringrazio di essere così.
Non sono mica l’unica che si fa il culo.
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Intanto sono le 02.08 del 13. E sono uscita dal tunnel.