Il mondo è un mercato.
La mente è un mercato.
Tutto si definisce in termini di cose e anti-cose.
Ovunque entra qualcosa facendone uscire un’altra.
Ovunque la destra presuppone la sinistra, l’alto presuppone il basso,
il dare precede o segue il ricevere, ecc. Solite cose, soliti esempi.
In ogni caso c’è la conservazione di un intero.
Un intero prestabilito.
Equivale a dire, dicendola con comune senso, che tutto ha un prezzo.
Entra il panino, escono 3 euro. Esce una battuta, entra una risata.
Entra uno schiaffo, esce un urlo.
Esce una pazienza, entra una speranza.
Sulle faccende non materiali, l’arte del compromesso è la soluzione – paradossalmente – più chiara e definita e forse anche saggia rispetto ad una franca predominanza sull’esterno che, volitiva e funzionalmente aggressiva, pare prevalere e vincere e che invece finisce per creare voragini di vuoto all’interno.
Lo so, non sono chiara questa volta.
Sono immagini, suggestioni appena abbozzate, appena nate.
Fa niente.
Troppo importanti però per lasciarle perdere.
Questa riflessione nasce dalla consapevolezza di un mio atteggiamento personale.
Un atteggiamento da pecora, che diventa moneta di scambio.
Quanta gente lo fa senza saperlo.
Il germe della ribellione cresce, scoppietta, si agita e contunde le mie pareti interne troppo vive e dignitose per ricoprirsi di callosità da rassegnate sconfitte.
Sarà una giornata impegnativa.