Ok. Va bene. Ho fatto una stronzata.
Beh? Voi non sbagliate mai?
Che poi non è del tutto così, ma tra poco ve la spiego.
Insomma, anche se alcune persone che mi conoscono non la pensano così, in questi mesi sono decisamente uscita dalla mia zona comfort, come si dice negli ambienti di crescita personale. Che peraltro, ormai, mi hanno sfrangiato minuziosamente le ovaie.
Perché più che crescere, dietro a tutte quelle belle parole, io sono caduta.
Attenzione non sto parlando del trasloco.
In se, quella è stata una delle mosse più utili che mi sia mai capitato di fare.
Parlo di tutto ciò che lo spostamento ha comportato e anche di tutto ciò che ha comportato lo spostamento.
Se la mia esposizione si avvale di questi giochetti di parole, se non sono semplice e lineare (quando mai), se sono didascalica e pesante, pazienza.
Ci sono altri blog meravigliosi in giro per la rete.
Questo è il mio diario e siamo al giorno 349 dall’ictus psicologico e al giorno 216 dall’inizio dei suoi esiti. E io voglio scrivere.
In attesa che prenda il coraggio di abbandonare definitivamente questo blog per aprirne un altro, esattamente come vorrei aprire un altro capitolo del mio divenire, faccio ancora qualche rantolo qui sopra. Intanto qualcuno mi aiuti a trovare un titolo decente per quello nuovo.
In questi giorni ho compreso profondamente perché alcune persone si danno all’alcool, al Prozac, allo shopping compulsivo – che gradirei parecchio ma che non è, al momento, alla mia portata – alla droga, o alla svendita sentimentale e sessuale.
Con tutte le esistenti vie di fuga dalla realtà percepita come avversa, io non riesco a prenderne nemmeno una.
Allora ho pensato di fare la parte dell’eremita.
Che oltre a starmi malissimo, mi fa anche malissimo.
Però mi da il tempo per ristrutturare cose piuttosto importanti.
Tra queste, la scala dei valori e quindi delle priorità.
Al vertice dei valori, nonostante il fallimento che sento di vivere, lascio la Fides: su questa non mollo. Chi non la capisce per il verso giusto, si prenda un libro sull’antica Roma, che io sento cos’è ma non ve la so spiegare.
Dopo il rimpasto della classifica, il compito più importante e più sensato è quello di strapparmi di dosso tutto ciò che non è mio e vedere un po’ cosa rimane.
E’ una cosa difficilissima!
Per fare questo ci vuole silenzio.
Silenzio e faccia da culo.
E riguardo a quest’ultima, come è già noto invece per quanto riguarda il silenzio, nonostante le apparenze, faccio molta fatica.
Come una goccia d’olio motore in una pozzanghera, le conseguenze della mia genialata si sono espanse velocemente a 360 gradi, impestando tutta la mia superficie che si è ritrovata a riflettere tutto lo spettro della luce visibile e non.
Con netta predominanza del cosiddetto verde negativo.
Per sapere cos’è, fare ricerchina su google e scoprire che in radioestesia e altre simili pseudometapsicoscienze, rappresenta la frequenza mummificante contenuta nella piramide di Cheope che restringe, solidifica, affila, riduce. Un Satvrnvs delle frequenze. Che poi anche Saturno stesso, in effetti, ora….. Ma non credo vi interessi l’astrologia.
E forse nemmeno il processo di mummificazione.
Si vede che non siete egizi nemmeno un po’!
Di tutte le restrizioni subite (o scelte, decida di chi sta leggendo, a seconda del suo credo o della sua filosofia di vita) l’unica che mi sta particolarmente bene è quella del peso.
Il resto, anche no.
Date le mie recenti nuove abitudini, ho già scritto troppo.
Anzi, ho persino esagerato.
Attendo suggerimenti per il nome del nuovo blog.
Però che bello. Sono le 21. Sono sulla terrazza. Non è ancora proprio buio.
Non fa nemmeno freddo.
E c’è un cielo di un bello che ha senso esserci solo per guardarlo.
Ciao gattacci.
Non possiamo darti suggerimenti per il nuovo blog, e come chiederci di darti un nuovo nome, sei tu che devi trovarlo o sceglierlo…. 🙂
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Eh si… Ma era per fare scena. Un modo tra i tanti di essere noiosa. Quante volte ho già detto di voler cambiare. E invece, guardami: rotolo sempre qui.
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..il punto fosse proprio il rifiuto del rifiuto? Lo so che m’incarto da sola, ma non è forse violenza a se stessi tentare di aprirsi la strada dentro col machete? Che poi la paura è sempre di raccontarsela, di non voler cambiare, di non fare abbastanza. Non vuoi cambiare, una parte di te non vuole, se anche fosse? Questa benedetta volontà è anche violenza se non mitigata da altre qualità. Ha senso? Nessuna risposta in tasca, solo le mie riflessioni sul tema che è caro anche a me, soprattutto a me. Smettere di opporsi all’ opposizione, chissà se si può fare.. Magari, avendole già provate tutte, sperimentare anche questo non può far così male..
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Sono d’accordo Sister. Anche perché sono stufa.
Però non voglio nemmeno cadere nell’ Accetto totalmente tutto quello che c’è, prima di tutto perché sarebbe una posa FALSA (non sono ancora in grado) e poi perché non non ho mai visto nessuno che fa della strada senza fare passi. A parte coloro che levitano, viaggiano in astrale, ecc.
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Claro que no.. questo sarebbe raccontarsela sicuramente, manco io son capace. Però vedo che parte del problema è volere troppo, volere tutto e tutto insieme. Forse parte della soluzione è rallentare e accelerare, solo quando sentiamo che serve. Non c’è una ricetta preconfezionata, tocca stare a quel che c’è quando c’è. E per sfuggire all’ ansia da prestazione, sto, faticosamente, imparando a chiedermi cosa si aspetta da me il momento e fare un pezzetto alla volta. A volte funziona, altre continuo ad incartarmi, ma tant’è, non si sfugge.
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L’ansia da prestazione – parlo di me – ha un non so che anche di presunzione. Mi sono accorta che mi manca a volte l’umiltà. Mi frego pensando di aver fatto i necessari passi intermedi quando invece ho solo fantasticato. Così, quando mi metto in moto, pretendo di avere subito certi risultati.. Anch’io mi incarto, uffa.
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non fare un nuovo blog. è bello questo, il passato è passato, non lo leggi più se non vuoi, no? chetttefreca!!
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Hai ragione Cooly. Ma sai che il mio istinto naturale è sempre quello di radere al suolo e ricominciare tutto. Però hai ragione. Sarebbe un peccato per alcuni pezzi.
Kenwood & The Psychotic Furs ti abbracciano.
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