Avere quello che vuoi. Volere quello che hai.
Ancora.
Circa 5 minuti fa mi si è aperta definitivamente questa finestrella, che si era annunciata da tempo. Da anni direi, sotto forma di titoli di libri, di ripetute letture delle solite condivisioni altrui e di blande riflessioni tenute sempre rigorosamente all’interno di certi confini.
Quante potenziali aperture ha il mio castello?
Quanta luce può entrare?
Diciamo che il castello è destinato ad essere abbattuto.
Questo il senso dell’Arcano XVI.
Attualmente siamo soltanto al terzo o quarto fulmine, con caduta di calcinacci e aperture parziali. Aperture Irregolari e rovinose, o di finestrelle che per il fragore e le vibrazioni fanno ‘clic’ e miracolosamente si spalancano mostrandomi inediti scenari.
Non sono ancora in grado di mettere io stessa il tritolo alle fondamenta. Ma sarebbe il caso di farlo prima che arrivi lo tsunami dei prossimi anni.
La delusione nel comprendere che io non c’entro un tubo con la progressione delle esperienze nella mia vita, è forte. E mi fa incazzare.
Ciò che accade, accade appunto, indipendentemente da me. E l’unica mia scelta sta nell’accettare o meno ciò che mi si para davanti. Nessuno venga ad argomentare sul concetto di libero arbitrio perché non ce ne asciughiamo più gli occhi.
Ciò che accade, man mano che cresco, fa sempre più schifo, è sempre più brutto, sgradevole e difficile. Anche se una parte di me, incredibilmente, cresce in bellezza e forza.
Questo infatti vale anche per le cose che scorgo davanti allo specchio.
Mica ce l’ho con il mondo là fuori.
Dicono che il mondo è dentro di me tra l’altro. È una cosa che io non sento ancora nella pancia. Il giorno che lo sentirò, i miei problemi saranno terminati. Mi sono fatta togliere, ‘dentro’, colecisti, appendice e altre cosette: ci metterò un nanosecondo a polverizzare enti e presenze che funzionano male.
Sono indecisa se sto crescendo o se sto perdendo il senno.
Nel dubbio, smetto ogni progettualità e ogni tentativo conscio di controllo e osservo il fatto che nel mondo per ogni fiore bellissimo c’è anche una merda. Personale ed elegantissima espressione del concetto di dualità.
La vita è una partita doppia. Credo che poter pensare e scrivere questa frase sia l’unica utilità evinta concretamente dai miei antichi ed improbabili studi da ragioniera.
L’unico lenitivo che ridà un po’ di ossigeno è mantenere un universo interiore. Così come lo vogliamo, come ci piace. Consciamente illusorio, diciamo, per avere un po di respiro. Tenersi stretto un mondo interiore, assecondando in modo malsano le zavorre del passato che ci hanno definito fino ad ora e che sono l’unico abbraccio rassicurante che ci resta dopo quello della mamma. Per chi ce l’ha.
Il nuovo fa sempre paura. Specialmente quando abbandoni piangendo le tue zavorre per finire agganciata a quelle di qualcun altro, che paiono ancora più drammaticamente pesanti e che invece per te sono, di fatto, ascensori.
Tutto questo mi sta mostrando la strada per la libertà. La strada più dura che io abbia mai affrontato.
Vivere in modo soddisfacente, tra me e me, indipendentemente dalle condizioni esterne, che possono essere aspre, deludenti e taglienti ma che sono solo strumenti da cavalcare.
Basta sentimentalismi.
Questo divenire è un campo di addestramento. Nessun cedimento, nessuna pietà. Quello che c’è, c’è e non si cambia ed ognuno esiste selvaggiamente, al di là delle buone maniere.
Se mi è capitato questo vuole dire che così deve essere.
E comunque amo i miei aguzzini.
Tutti gli altri non mi spostano nemmeno di un millimetro ormai.
Se devo farmi il culo me lo faccio. Ma con qualcosa che un po’ mi piace.
Buon Agosto, gatti.
Leggendo i tuoi vari scritti nuovi, recenti, vecchi, vecchissimi, ogni tanto leggo che stai crescendo, hai trovato la strada, stai cercando la strada, hai scoperto qualcosa di nuovo, ti sei illuminata, stai cercando la via, ti affidi alla religione – in qualsiasi forma – o alla meditazione o fai dei corsi. è bello e giusto avere dei dubbi, cercare, cercarsi, trovare poi magari trovare qualcosa di più alto, chiedersi, guardarsi dentro, studiare … è bello e intelligente e sano. però io in questi giorni ti ho vista triste. proprio giù. delusa.
E NON LO SOPPORTO.
Se non posso fare niente io, per favore fai qualcosa tu.
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Non posso fare niente ora.
Sono in una condizione molto particolare che non sto a descrivere pubblicamente per filo e per segno.
Diciamo, genericamente, che risento moltissimo delle influenze ‘ambientali’ (persone incluse) e non mi fido molto di me quando sono a tu per tu con me stessa, ne quando subisco l’effetto delle presenze altrui: in pratica non so, tra i vari tipi di sentire, qual’è quello corretto per me. Qual’è il mio.
Fino a quando non sentirò forte e chiaro qual’è la mia verità non posso muovermi. Rischierei di fare errori madornali.
Questo è il momento dell’ascolto. Dell’ascolto della Mia sola voce.
Ma ci vuole tempo.
Tu non puoi fare nulla. Ma apprezzo enormemente la tua attenzione e tutti quei piccoli gesti (un commento come questo, ad esempio) che fanno parte della vera vita: manifestazioni concrete di presenza quotidiana. Affetto. Rispetto. Coraggio di parlare chiaro, belle o brutte che siano le parole, che io spesso soffoco per paura ed insicurezza.
Grazie
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RISPETTO. Appunto………
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Lascia perdere. Piuttosto, in risposta ancora al tuo primo commento.. È vero: è una vita che cerco, talvolta trovo, in certi casi mi illudo, a volte sbaglio, a volte riesco. È tutto un gran daffare.
Ma non era meglio nascere stronzi e inconsapevoli?
(Voglio dire, perché solo inconsapevoli?)
Ciao
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