Buon Natale

Se ne sentono i passi come in un corridoio.
Un corridoio vuoto. E buio. Tipico da brutto sogno.
Passi tignosamente cadenzati e regolari.
La festività si avvicina.
E io sono ancora cosparsa da frammenti teoricamente nostalgici e in realtà ormai effimeri.
Sono grande cazzo. Non posso più pensare di passare il pomeriggio del 25 sul divano di casa (dei miei) a sonnecchiare incastonata nell’ingombrante forma di mio fratello, con la pancia piena e il rumore dei piatti che mia madre sta lavando.
So di aver già descritto questa scena l’anno scorso o forse due anni fa.
Del resto Natale c’è ogni anno.
Le memorie sono delle trappole micidiali. E il business lo sa: e ti ripropone colori, odori, sapori e queste cavolo di musichette.
Io amo la radio, al contrario della televisione che ipnotizza senza rimedio.
Ma in questi giorni anche la migliore emittente possibile diventa un insopportabile accozzaglia di campanellini e melodie di giurassica memoria.
No, non sono mica cattiva. E nemmeno sarcastica.
Sono legittimamente innervosita perché mi sento in difetto.
Mi sento in difetto di famiglia.
Ormai lo sapete tutti, quella d’origine non c’è più e i miei gatti, ipotizzassimo una sorta di transfert, non ce la possono fare. E la famiglia a cui tendo, ancora troppe volte, scivola dalla mia comprensione come un’anguilla spaventata tra le mie mani. Mani ancora deboli, inesperte.
E allora spero che queste festività passino alla velocità della luce.
Perché in realtà mi piacciono. Mi piacciono proprio nel loro potere di aggregazione e per quella quota di temporanea apertura di cuore che pur essendo appunto momentanea, è reale.
Un attimo di amore cosmico.
Indifferenziato, indiscriminato, incondizionato.
Non è un fatto religioso. Non solo. (La religione non è mica solo il bambin Gesù con bue, asinello, e pecore in mezzo al muschio). Ormai è una gigantesca eggregora che non risparmia nessuno.
E i più deboli, se non sono in regola, ci lasciano anche le penne.
Emotivamente. Metaforicamente. I più sfortunati anche fisicamente.
Il Die Solis Invicti mi piace. Perché mi annuncia la luce.
È perché anche se difettosa sono una che ama.
Si tratta solo di resistere all’attacco delle antiche memorie.
Sempre più deboli. Lo devo dire.

Questo l’ho scritto qualche giorno fa.
Com’è andata? Bene.
Perché anche se sono difettosa sono una che ama.
E l’amore, che sbatte a casaccio contro le mie pareti prima di trovare una via d’uscita decente, nutre parecchio.
Buon Natale a tutti.
Chiudiamo gli occhi e ascoltiamo la Luce che sale.

Rehab

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Scusate, ma al momento di pubblicare ho pensato che è meglio tacere.
Aggiornerò l’articolo più avanti, quando sarò più a piombo.
Giuro che non manometterò alcuna parola.
La foto però la metto perché mi piace troppo.

Ecco il testo (19.12.12);

Discalimer: questa è una lagna, sappiatelo.

Sono cattiva come sono cattivi tutti quelli che non stanno bene.
I cattivi non esistono.
Esistono solo persone che non stanno bene.

Adesso posso permettermi tutto.
Tutti possono sempre permettersi tutto.
Solo che molti non lo sanno.
Io ora lo so al 90%.
Ma non ce la faccio comunque.

La sutura è completata e brucia, ma uno l’ho tirato fuori.
E ora lo vedo.
Quando le cose le vedi, va già meglio.
Non serve sempre pensare, immaginare, indovinare.
Basta guardare. Percepire l’assetto della materia. I fatti.
Aprire gli occhi dopo un lunghissimo periodo di illusione e osservazione viziata.
Accorgersi che i pesi accumulati a grammi hanno formato una tonnellata.
È evidente ma lo dico: sono addolorata.
Delusa da me stessa e arrabbiata – moltissimo – con me stessa.
Ho mendicato. Che cosa meschina.
Sono stata stupida e inefficace. Il massimo dell’inettitudine.
Ho accettato di passare per l’immatura, l’inopportuna, l’insufficiente della situazione. Ho accettato il dubbio

Hai finito di giocare con le mie frattaglie, piccolo Freud.
Che poi quando devo ricucirmi resto sola come un cactus in Arizona, e non c’è nessuno a passarmi i ferri.

(foto: palla di proiettile, cimelio di famiglia, risalente forse – ma davvero non so – alla seconda guerra mondiale) (perché noi si tiene tutto).

Darsela a gambe

Ho messo mano al calendario della cucina con un po’ di ritardo per tirare fuori Ottobre.
Ho realizzato con un gelido brivido che anche quest’anno tra un mesetto arriverà un penoso compleanno e, non bastasse, tra un’ottantina di giorni arriverà un altro penosissimo Natale. Sicuramente favorito per essere il primo in classifica come peggiore degli ultimi 30 anni.
Non voglio pensarci nemmeno un secondo di più.
(e scapperò in qualche landa straniera).
Buonanotte gatti.