E’ una vita che non mi sento così.
Maledizione.
Una colonia gigante di tarme nella pancia e un uguale tormento, sommesso e continuo, nel petto.
Il muovermi senza una direzione.
Il galleggiare su un mare di scelte tutte plausibili e tutte difficili.
E un pietoso osservarmi, un paziente seguirmi, con sguardo accigliato,
forse un po’ preoccupato.
Un ritorno alle antiche cure, come modo per temporeggiare e sentirmi anche carnalmente.
Uno sforzo per muovermi secondo i binari degli ordinari giorni.
Non perderti. Non ti perdere.
Lasciati andare si, ma non perdere la visione di te.
Mi dico.
In tutto questo un’inedita sensazione di vitalità, mai vissuta insieme alla fatica di risalirmi.
Quando e se mi riconquisterò, stavolta avrò fatto un buon lavoro.
Con o senza.
Ciò che pulsa è vivo.
E io lo sento.
Ora posso uscire.
A dopo – sicuramente.